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Immagine del redattoreLucia

Andare in Cina a piedi



Scrivere poesia è un po’ come andare a piedi in Cina, diceva Giovanni Giudici. Qualcosa di folle, inutile, insensato. Un gesto che, tuttavia, resiste negli angoli delle nostre vite e torna prepotente a insegnarci la meraviglia, lo sguardo che si risveglia, la ricerca di risposte a grandi domande, l’incanto della musica.


Per me, soprattutto, la poesia è una preghiera laica da recitare nei momenti di immensa gioia o grande dolore, quando ci sentiamo persi o non riusciamo a dare forma alle emozioni. La poesia è Wislawa Szymborska, Guido Catalano, Cees Nooteboom. La poesia è un termosifone. La poesia è un bacio con la lingua. La poesia è un gatto acciambellato. La poesia non la facciamo, la troviamo.


Così, insieme, durante l’ultimo incontro in presenza del secondo livello del Bosco, abbiamo provato a farla. A scriverla, a leggerla, a conoscere i gesti intimi che compie – a volte passando inosservata. Abbiamo scritto mappe per pregare e dato voce a granelli di polvere, abbiamo cercato di capire cos’è per noi la poesia e ci siamo meravigliati all’unisono. Abbiamo composto haiku e lodato la pioggia, siamo restati in silenzio e ci siamo guardati dentro, nel profondo.


Il bosco è il percorso di incontro con la creatività. Si tiene un sabato al mese e la nuova edizione partirà in autunno. Intanto, se ti va, puoi dare un’occhiata ai Semi e alle Orchidee.


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